lunedì 18 gennaio 2010

Capitolo 5: La vita d’ufficio mi fa schifo

Stamattina ero immersa in uno di quei sogni fitti, profondi, coinvolgenti e in lontananza ho sentito la sveglia del mio cellulare suonare. Ci ho messo un po’ a realizzare che non era nel sogno ma che era il richiamo del lavoro prossimo che mi richiamava alla realtà. Ho pensato a quali scuse fossero plausibili per mancare al lavoro. Nessuna soddisfacente e che potesse salvarmi dall’inquisizione spagnola e così mi sono decisa ad uscire dal letto. Le punte dei piedi hanno toccato il pavimento di parquet e ho capito che la giornata sarebbe stata disastrosa. Ho capito che il lunedì non è certamente il mio giorno idilliaco. Essere catapultati da un mondo fatto di sveglie ad orari ragionevoli, relax, fidanzato appresso e tempo a disposizione ad una sveglia all’alba, un clima freddo e umido, un arrivo in ufficio attraverso una stradina delineata da campi e due bei fossi che non fanno presagire nulla di buono e un’attesa di più di un’ora prima dell’arrivo dei colleghi i quali teoricamente dovrebbero insegnarmi qualcosa. È tutto ovviamente teorico dato che solo una volta in vita mia ho avuto un vero passaggio di consegne ed un insegnamento con la i maiuscola. Il resto, e anche questo è uno di quei casi, è stato più un arruffare informazioni. Mi ricorda tanto i minestroni che facevo io i bei tempi andati in America. Avevo stampato su un fogliettino la ricetta che mi aveva dato mia madre. Insomma non credo che per un minestrone ci voglia una laurea in ingegneria spaziale ma diciamo che preferivo evitare mi esplodesse tutto o di dover mangiare una brodaglia che mi avrebbe ricordato la melma o il cibo indiano puzzolente ed indigesto. Buttavo però comunque alla rinfusa le verdure, poi mi accorgevo che alcune andavano messe ad ebollizione e non in acqua fredda quindi cercavo di ritirarle fuori alla meno peggio, ricordandomi poi che me ne ero dimenticate di altre…insomma..un casino allucinante. Ecco, l’inizio di tutti i miei lavori è stato più o meno così e questo non è certamente da meno.
Inspiegabilmente tutti hanno fretta di farmi iniziare il prima possibile, e ogni santa volta mi tocca saltare le ferie e fare traslochi in un paio di giorni senza avere la possibilità di riprendermi. E per cosa? Per ritrovarmi alle 8.30 in ufficio da sola, a leggere riviste di cui non me ne frega assolutamente nulla, ad osservarmi le unghie e ripromettermi ogni volta di farmi una manicure, e mandare sms a persone che non sento da anni pur di aver qualcosa da fare e pensare. Ma perché? La gente è veramente così assurdamente convinta a prendere persone nuove, non formarle, trattarle male, ignorarle, prenderle per il culo se queste non sono assolutamente perfette come Mary Poppins e poi recriminare che non sono state abbastanza intelligenti o sveglie o capaci di assorbire tutta la conoscenza dall’aria che respiravano in ufficio?
Moh io mi sono anche stufata di questo. A volte vorrei fare come fanno nei film. Rifiutare un bel lavoro, una carriera promettente, un buon stipendio che al giorno d’oggi non è scontato per cercare delle risposte, girare il mondo, senza una meta, vivere tranquillamente alla giornata senza preoccuparmi di nulla.
Lancio occhiate significative, sbuffo, mi alzo irrequieta e girovago senza meta nell’ufficio. Sono le 16.20 e ancora nulla. Aria, nicht, nada, nothing. Ma esiste un lavoro in cui per sopravvivere non si debba fare un uso pesante di sostanze illegali?
Ci rinuncio. Dovrei rifarmi la manicure…

Nessun commento:

Posta un commento